Se conoscete e amate la mitologia
– e magari proprio per questo un amico benintenzionato, dopo una sbirciata alla
trama, vi ha regalato Starcrossed – prima di iniziare la lettura consiglio
di munirvi di: matita blu, matita rossa, Riopan gel o analogo antiacido (almeno
due scatole).
Se
invece non siete esperti del ramo, sappiate che solo elementi sporadici di un
libro la cui trama fa abuso – più che uso – della mitologia greca sono
totalmente corretti. Si poteva supporre che, su 460 pagine, alcuni particolari dovessero
pur essere esatti, se non altro per le leggi della probabilità. La
caratteristica che trovo personalmente più irritante, da amante dei classici, è
la distribuzione totalmente casuale dei nomi mitologici fra le stirpi
avversarie intorno alle cui vicende gira il romanzo.Viene subito l’istinto di verificare,
perché un individuo chiamato così non può avercela a morte con quella
famiglia – o Casa, secondo la definizione dell’autrice – o perlomeno non
avrebbe dovuto essere così per i suoi genitori, ma tutto è sovvertito. L’impressione
di straniamento è pari a quella che darebbe incontrare una famiglia di
nostalgici del Terzo Reich capeggiata da Abramo. Ironico che uno dei pochi personaggi ad avere un
nome consono alla sua Casa, sia in realtà uno degli antagonisti, e del tipo
psicopatico per giunta.
Quello
che l’autrice sembra non aver compreso è che sì, il mito degli Atridi (ma può
valere per la maggior parte delle vicende mitiche) può essere definito «la
prima e più sanguinolenta telenovela della storia», ma c’è un motivo per cui le
repliche della suddetta telenovela durano da molto più tempo di Beautiful...
ed è la qualità. Cercare di produrre uno spin-off, per restare in termini
televisivi, è sempre un rischio. Specialmente quando si stravolgono alcune
basi, così da far rotolare insistentemente nella propria tomba almeno Omero
(se mai è esistito), Eschilo e persino il povero Platone (e se considerate
questo uno spoiler, vi
faccio i miei complimenti). Quello che può succedere a far scadere il
copyright!
Qualcuno
potrebbe obiettare che il volume non può essere privo di qualità, visto il
successo ottenuto negli Stati Uniti. Peccato che stiamo parlando della nazione
che con perfetta nonchalance ha prodotto Troy, il film (unico visto due
volte in vita mia, per pura incredulità) nel quale hanno ben pensato di far
ammazzare Menelao a metà della guerra di Troia, facendo così svanire la
motivazione della stessa. Qualunque sia la convinzione dell’autrice, la
mitologia non è l’equivalente di Teen Titans, ossia dell’adolescenza
degli eroi Marvel. Ridurla a questo – e massacrare la versione originale per
offrire agli adolescenti protagonisti una ‘missione’ che li accompagni almeno per
tre volumi – non è solo un segno di scarso rispetto per una ricchissima
tradizione, ma una produzione che sottovaluta il valore – anche commerciale –
delle possibilità offerte dalle varianti attestate. Certo, per sfruttarle
sarebbe occorso un autore che non avesse scelto la propria vocazione in seguito
a ripetuta lettura di Piccole Donne (Jo March, hai combinato un bel
guaio stavolta!). Ma davvero non ce ne sono più?
Josephine Angelini, Starcrossed, Firenze, Giunti, 2011.
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