Credevo
che avrei recensito la saga di Unika.
Letto il primo volume, non sono invece riuscita a costringermi ad affrontare il
secondo. Eppure l'inizio della trilogia un qualche pregio lo ha. E. J. Allibis
possiede una buona immaginazione visiva e crea paesaggi con una loro imponenza,
paesaggi abitati da personaggi a cui attribuisce nomi significanti, tratti da
fonti che spaziano dalla cabala all’immaginario giapponese. Purtroppo, i pregi
sono tutti qui.
Peraltro proprio la protagonista porta il nome
che è di certo il maggiormente ‘parlante’, ma che pare anche tratto da un sms.
Il che, assieme all'età dei protagonisti, indica chiaramente il target cui si
rivolge la Allibis... se non fosse che pure i giovani e i giovanissimi avrebbero,
a mio parere, diritto a vedersi offrire un'opera di più alto livello. Non che
ci sia nel libro nulla di volgare. Tuttavia il linguaggio è quasi sempre
inutilmente enfatico. Nessuna sorpresa che l’autrice abbia scelto di celarsi
dietro uno pseudonimo, avendo scritto un libro che insiste continuamente
sull'importanza delle emozioni ma che è incapace di provocarne. Descrivere come
questo panorama o quella prospettiva fa sentire il tale o il talaltro non è il
modo migliore per provocare l'empatia del lettore, specialmente quando tutti,
angeli e umani, sono talmente stereotipati che, anche nelle occasioni in cui
accade quello che potrebbe essere un colpo di scena, si ha l'impressione di
avere di fronte la replica di una scena vista mille volte. Il tentativo di
scrivere un volume ad alto tasso di suspense è così, ahimè, miseramente
fallito: il genere a cui ci si avvicina di più è la fiaba... una in cui,
oltretutto, le lezioni di vita o di morale sono pesantemente esplicite, e non
si limitano alla classica, breve e lapidaria conclusione.
Alcune espressioni, poi, sembrano espressamente
pensate per invitare al sarcasmo: nel primo capitolo, «La sua [di Jo, uno dei
ragazzi protagonisti] mimosa non gli sorrideva come al solito». Jo, per
curiosità, di che droga ti fai di solito? La stessa di Heidi, cui le caprette
facevano ciao?
Particolarmente irritante è la scelta di
chiamare il personaggio dell'Oracolo con lo stesso nome scelto come pseudonimo
dall'autrice. In questo caso, infatti, le enfatiche lodi – che vengono
attribuite indistintamente a tutti tranne che al principale antagonista – danno
l'impressione di riflettersi dal carattere fittizio a quello reale. C'è il
proverbio «chi si loda...» che qualche anima gentile in casa editrice avrebbe
forse dovuto citare. Così come qualcuno avrebbe dovuto insistere per evitare
l'inserimento di un prologo-spoiler, ripreso letteralmente dal capitolo 57.
Il volume pubblicizza un sito dedicato alla
serie, e anch'esso presenta notevoli
manchevolezze: quella che dovrebbe essere la principale attrazione – la
possibilità di creare un proprio angelico alter ego – lascia a tratti meno
spazio alla fantasia di un gioco di ruolo online di medio livello.
Interessante, invece, un test per determinare quale minerale sia l'amuleto giusto
per voi. Vorrei, infine, unirmi all'autrice nel suo ringraziamento «a Maria,
che ha reso più fluidi i miei dialoghi». Posso solo immaginare, Maria, quello
che tu abbia dovuto subire... se questa è l'idea di fluido della
Allibis.
(post di Elena Piatti)
E.
J. Allibis, Unika. La fiamma della vita, Novara, De Agostini, 2010
Le mie
chiocciole: -
Da
regalare: all'amica che vi ha perseguitato con i libri di Rosemary Altea.
Potrebbe persino piacerle...
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