Per
custodire un mistero, non vi è scrigno più adatto di un libro. È
facile trovare mondi interi e inattesi, ripiegati fra due falde di
carta, e spesso la letteratura ha costruito le proprie storie
richiamando libri rari, perduti, immaginari. Anche per Daniel Sempere
è un libro a fare da guida, anzi prima a farsi inseguire e poi a
pedinarlo, in un gioco lungo decenni e fatto di apparizioni e
sparizioni, un gioco che inizia quand'egli è ancora un ragazzino, ma
riflette già come un adulto. Un attacco che evoca le
prime righe di Cent'anni di solitudine dimostra
quanta sana sfrontatezza vi sia nel romanzo di Carlos Ruiz Zafón.
Lo scrittore catalano mette in scena, sullo sfondo di una vivida
Barcellona, una vicenda romantica e misteriosa di piacevole
intrattenimento, ben costruita e quasi mai banale. Arriva anzi in
qualche caso a peccare d'eccesso di ricercatezza, con immagini ad
effetto descrittivamente forzate – il sole che si spande «in
una ghirlanda di rame liquido» (p. 7), o le pagine che palpitano
«come le ali di una farfalla a cui viene restituita la libertà»
(p. 11) –
oppure quando insegue
sentenze sagaci, non sempre necessarie.
Ruiz
Zafón
non lesina sulla trama, non si dilunga, la lascia correre svelta,
offrendo indizi con penna generosa, giungendo spavaldo a p. 289, a
due terzi del romanzo, ad imporre una svolta narrativa di imprevisto
coraggio. I protagonisti sono essenzialmente uomini, una galleria di
uomini curiosi, caricature di esistenze sofferte che si offrono
sprazzi di ironia, come nel caso di Fermín
Romero de Torres, assistente librario calpestato dalla vita eppure, a
suo modo, invitto e capace di sentenziare: «a
questo mondo gli ultimi a morire sono i pregiudizi» (p. 93).
La massiccia presenza di uomini fa sì che si discuta molto di donne,
delle loro particolarità, del modo in cui in amore gli uomini si
scaldano «come
lampadine: bollenti in un attimo, fredde un istante dopo», mentre le
donne «si scaldano come un ferro da stiro» (p. 128).
L'ombra
del vento
è un romanzo avvincente, costruito sull'incastro di diverse vicende
in costante movimento fra il 1945 e il 1966, senza mai perdere troppo
di mano il filo della trama. In agguato dietro l'angolo ci sono il
destino e momenti storici difficili, con il fiato del Caudillo sempre
più pressante sul collo che crea un velo d'ansia – «la ruggine
dell'anima» (p. 291) – sulla sorte del pirotecnico Fermín
o dello scrittore Julián
Carax, misterioso autore segnato da un amore infelice. Certe
violazioni delle regole narrative si possono tollerare, non importa
se Jacinta parla come se leggesse un testo stampato (pp. 250 ss.), e
tanto meno se Daniel arriva a vedere oltre la sua morte: ad una
storia ben raccontata concediamo il privilegio di renderci meno
esigenti.
Carlos Ruiz Zafón, L'ombra del vento, Milano, Mondadori, 2004
Le mie chiocciole: @@@@
Nessun commento:
Posta un commento