mercoledì 29 febbraio 2012

Lo scrittore scomparso


Per custodire un mistero, non vi è scrigno più adatto di un libro. È facile trovare mondi interi e inattesi, ripiegati fra due falde di carta, e spesso la letteratura ha costruito le proprie storie richiamando libri rari, perduti, immaginari. Anche per Daniel Sempere è un libro a fare da guida, anzi prima a farsi inseguire e poi a pedinarlo, in un gioco lungo decenni e fatto di apparizioni e sparizioni, un gioco che inizia quand'egli è ancora un ragazzino, ma riflette già come un adulto. Un attacco che evoca le prime righe di Cent'anni di solitudine dimostra quanta sana sfrontatezza vi sia nel romanzo di Carlos Ruiz Zafón. Lo scrittore catalano mette in scena, sullo sfondo di una vivida Barcellona, una vicenda romantica e misteriosa di piacevole intrattenimento, ben costruita e quasi mai banale. Arriva anzi in qualche caso a peccare d'eccesso di ricercatezza, con immagini ad effetto descrittivamente forzate – il sole che si spande «in una ghirlanda di rame liquido» (p. 7), o le pagine che palpitano «come le ali di una farfalla a cui viene restituita la libertà» (p. 11) – oppure quando insegue sentenze sagaci, non sempre necessarie.
Ruiz Zafón non lesina sulla trama, non si dilunga, la lascia correre svelta, offrendo indizi con penna generosa, giungendo spavaldo a p. 289, a due terzi del romanzo, ad imporre una svolta narrativa di imprevisto coraggio. I protagonisti sono essenzialmente uomini, una galleria di uomini curiosi, caricature di esistenze sofferte che si offrono sprazzi di ironia, come nel caso di Fermín Romero de Torres, assistente librario calpestato dalla vita eppure, a suo modo, invitto e capace di sentenziare: «a questo mondo gli ultimi a morire sono i pregiudizi» (p. 93). La massiccia presenza di uomini fa sì che si discuta molto di donne, delle loro particolarità, del modo in cui in amore gli uomini si scaldano «come lampadine: bollenti in un attimo, fredde un istante dopo», mentre le donne «si scaldano come un ferro da stiro» (p. 128).
L'ombra del vento è un romanzo avvincente, costruito sull'incastro di diverse vicende in costante movimento fra il 1945 e il 1966, senza mai perdere troppo di mano il filo della trama. In agguato dietro l'angolo ci sono il destino e momenti storici difficili, con il fiato del Caudillo sempre più pressante sul collo che crea un velo d'ansia – «la ruggine dell'anima» (p. 291) – sulla sorte del pirotecnico Fermín o dello scrittore Julián Carax, misterioso autore segnato da un amore infelice. Certe violazioni delle regole narrative si possono tollerare, non importa se Jacinta parla come se leggesse un testo stampato (pp. 250 ss.), e tanto meno se Daniel arriva a vedere oltre la sua morte: ad una storia ben raccontata concediamo il privilegio di renderci meno esigenti.

Carlos Ruiz Zafón, L'ombra del vento, Milano, Mondadori, 2004

Le mie chiocciole: @@@@

Da regalare: a chi si scalda come una lampadina ma vorrebbe essere un ferro da stiro

Nessun commento:

Posta un commento