I libri nati
da giochi di ruolo rischiano di essere scontati: quando, tuttavia, i
giocatori si chiamano Robert Zelazny, Melinda Snodgrass, George
Martin (per non citarne che alcuni), si può confidare nel risultato.
La serie delle Wild Cards si basa su un principio ucronico molto
semplice: cosa accade quando, nel 1946, un virus alieno sparso su New
York provoca mutazioni casuali, diverse in ogni individuo? Risposta:
la maggior parte della popolazione contaminata muore, e buona parte
dei sopravvissuti pesca un “Joker”, ritrovandosi a dover fare i
conti con deformazioni, talora disgustose, talora solo stravaganti.
Alcuni, però, sono fortunati abbastanza da pescare un asso, e
ottengono così superpoteri, ovviamente distinti secondo le
caratteristiche di ognuno. Vi ricorda qualcosa? Gli X-Men, magari?
Sarebbe strano se non lo facesse... tuttavia, lo stile è molto
diverso. Prova ne sia che il dottor Tachyon, equivalente del
professor Xavier, è descritto da uno sbalordito militare con queste
parole: «quel tizio si vestiva come un parrucchiere gay, ma dal modo
in cui impartiva gli ordini avresti detto che portava almeno tre
stellette».
Il primo
libro della serie, più che un vero romanzo, è costituito da un
insieme di racconti, quasi al livello di quadri, che presentano
alcuni dei “nostri eroi” alle prese con i nuovi poteri.
Tuttavia, i personaggi restano molto umani... non privi di difetti,
paure, e perfino disturbi mentali o attività criminali. La vita è
dura, anche per gli Assi. Dopotutto, il mondo si sta abituando alla
nuova situazione e il dopoguerra non è il momento adatto per certi
bruschi cambiamenti. E proprio come nella realtà – e negli X-Men
– c'è sempre qualche politico che alimenta paura e ignoranza a suo
vantaggio. Forse proprio quest'aria di “realtà” contribuisce a
farci appassionare al destino dei personaggi. Per alcuni si tiferà,
alcuni ci faranno piangere (fazzoletti a portata di mano, mi
raccomando) e alcuni ci renderanno donchisciotteschi, non
nell'accezione corrente, ma secondo la seguente descrizione di
Cervantes dell'atteggiamento del Mancese: «quanto a quel traditore
di Gano di Maganza, pur di poterlo pigliare a calci, avrebbe dato la
governante, con l'aggiunta della nipote».
Inevitabilmente
ci si troverà anche a giocare insieme agli autori, creandosi un
personaggio ad hoc o chiedendosi quale, fra quelli presenti
nei libri, più rispecchi la propria personalità – o possieda i
poteri preferiti. Terminato il primo volume, per così dire
introduttivo all'universo Wildcards, non si riuscirà a fermarsi.
Purtroppo, al momento è stato pubblicato in Italia solo un altro
romanzo della serie che in America conta numerosi volumi – e se
leggete l'inglese potreste volerli considerare. In caso contrario,
dovrete limitarvi a seguire l'Invasione, come
promette il titolo del secondo libro. Questo è un vero romanzo:
nonostante prosegua la pluralità di autori, l'incastro è tale da
evitare il senso di scollamento che portava a considerare il primo un
libro di racconti.
Alcuni
personaggi del primo volume tornano – non tutti, ma a mio
avviso i migliori –, mostrandoci nuovi e talvolta inattesi aspetti
del loro carattere. Il vero punto di forza del libro è
la capacità di offrirci una panoramica dell'universo Wild Cards. Se
il precedente volume si limitava ad impostare le linee guida
dell'ucronia, questo ci presenta altri alieni (oltre
l'indimenticabile Dr. Tachyon) e le loro rispettive culture. Inoltre,
ha una parte maggiore l'aspetto tecnologico-fantascientifico,
terrestre e non, ivi compreso «un sistema di attacco difensivo
problematico e che si vergogna» che ispira nel lettore un
sorprendente grado di empatia. Affascinante anche, come in tutte le
migliori ucronie, la capacità di allusione alla storia con la S
maiuscola. Menzione speciale al personaggio Mark Meadows, creato da
Melinda Snodgrass, rappresentante perfetto – nonostante gli effetti
del virus Wild Cards – della gioventù degli anni '70.
Si
percepisce a tratti l'atmosfera ludica in cui è nato il romanzo, dal
momento che il prodotto finale, per quanto ben scritto, indulge in
volute citazioni di alcuni topoi fantastici
e fantascientifici, che a tratti lo fanno assomigliare vagamente ad
una puntata di Voyager (programma
su cui ammetto di condividere il giudizio di Maurizio Crozza).
Rintracciare le citazioni – da fumetti principalmente, ma anche da
testi di tutti i generi – potrebbe, anzi, diventare una sfida o un
gioco per il lettore, dal momento che esse abbondano in entrambi i
libri.
L'unica cosa che si fa desiderare è qualche particolare in più sui
numerosi Assi coinvolti nella lotta all'invasione eponima e assenti
nel primo volume. Probabilmente però, un serio appassionato di
supereroi Marvel, quale non mi posso vantare di essere,
riconoscerebbe immediatamente il modello di ciascuno. Dunque se non
avete dimenticato il piacere di leggere un certo tipo di storie, ci
sono due ottimi volumi che vi aspettano.
P.S.
Se avete la pay-tv e avete deciso di guardare Il Trono di Spade,
tratto dal primo di una serie di romanzi di George Martin, due
consigli da amica: preparatevi a guardare tutte le stagioni
successive, perché se vale la metà dei libri vi darà dipendenza; e
soprattutto, anche se sarà impossibile... Non. Affezionatevi. A.
Nessuno. Per il bene del vostro apparato cardiovascolare.
(post di Elena Piatti)
George R. R.
Martin, Wild Cards. L'origine, Milano, Rizzoli, 2010
George R. R.
Martin, Wild Cards. Invasione, Milano, Rizzoli, 2010
Le mie
chiocciole: @@@@
Da regalare:
all'amico cresciuto a pane e fumetti Marvel
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