Di quel che c’è, non manca nulla, nel picaresco Il trionfo dell’asino, romanzo incentrato sulle avventure di Giacomo Crivelli, veneziano di buona famiglia ammaliato dal mestiere del teatrante nella Serenissima del ’600. Non manca nulla: scenette pruriginose, personaggi strampalati, fughe precipitose, inganni, sotterfugi. Si tratta, per certi versi, di un saggio scherzoso sulla vita del guitto, una vita senza sicurezze condotta alla giornata, piena di imprevisti dolci e amari. Se foste un attore girovago potrebbe capitarvi di svegliarvi disteso su un fienile, ondeggiando sotto il peso di una rossa di primo pelo, alla prova dell’ergonomicità del vostro ‘sellame’; e subito dopo dover fuggire, rocambolescamente sospinto dai forconi di un nutrito parentado. E tutto ciò avrebbe il suo fascino, non trovate?
Si diverte Andrea Ballarini a farci smarrire fra tante scene di contorno, a farci vagare da un’avventura all’altra, incastonando il tutto nella cornice di un doppio omicidio notturno, evento che occupa le prime pagine per essere poi messo, per la verità troppo a lungo, da parte. E si diverte pure ad utilizzare un linguaggio involuto, solitamente senza eccedere, in una parodia leggera del narrare d’età moderna. Da essa riprende fra l’altro l’uso di intestare i capitoli con il resumé di quanto sta per accadere. Se la ricercatezza di stile non impedisce una lettura fluida, la trama soffre però di quel divagare di cui abbiamo detto: troppo poco infatti accade, di concreto, tra una svolta e l’altra. Ci sarebbe voluta maggiore densità di eventi per avvincere fino in fondo, evitando di perdersi nel descrivere fatti tutto sommato superflui.
Il centellinare non impedisce peraltro che le svolte nella storia siano talvolta forzate, che l’intreccio venga tirato per i capelli verso la necessaria direzione, con qualche casualità sospetta: un ramo che si spezza precisamente al passaggio di una carrozza (p. 87); un incontro inatteso ma decisivo nel duomo di Milano (p. 95). Tutto ciò potrebbe essere in realtà il voluto calco di certi stilemi antichi: allora gli eventi fortuiti erano il pane del racconto e la preoccupazione per la verosimiglianza era ancora di là da venire; le divagazioni e le storie nelle storie (pp. 107-108) erano pratiche ampiamente seguite. Oggi certe scelte risultano un po’ scomode, e c’è sempre il rischio che si diverta più lo scrittore a inseguirle di quanto piaccia al lettore trovarsele di fronte. È teatro in prosa? La struttura, il parlare, vari elementi fanno pensare anche a questo, a un teatro scanzonato e improvvisato che racconta se stesso.
Il senso di un divagare poco governato, questo si rimprovera a Il trionfo dell’asino, romanzo condotto con un piacevole cabotaggio, a causa però del quale, alla lunga, si fa sentire la nostalgia del mare aperto, il bisogno di una bussola e infine di una terra verso cui puntare la prua.
Andrea Ballarini, Il trionfo dell’asino, Bracciano (RM) – Cosenza, Del Vecchio Editore, 2009.
Le mie chiocciole: @@
Da regalare: a chi insegue le orme di Giacomo Casanova
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