Qualche giorno fa è stata presentata una nuova casa editrice, Sugaman. Anche se a me, che sono veneto, questo nome fa ridere perché suona come asciugamano, l'impresa è seria e presenta delle interessanti peculiarità. Come è ovvio, avviare un'attività tramite la rete offre infinite agevolazioni, e soprattutto - lo dice Alessandro Bonino, uno dei due fondatori di Sugaman - «spostare dei bit è a costo zero». Persino fondare una casa editrice diviene così un'operazione alla portata di tutti, non necessita di investimenti di particolare entità, né in termini economici né di tempo. Aspettiamoci dunque un proliferare di nuovi marchi, virtuali, eterei, ma potenzialmente vivi e attivi come i più blasonati.
L'arrivo di Sugaman sul mercato non è perciò una notizia in sé, ma lo diventa, a mio avviso, nel momento in cui si pone l'accento su una precisa scelta del neonato editore: aver rinunciato a proteggere i propri libri. La battaglia dei DRM, relativa alla gestione dei diritti sui testi digitali, è ancora apertissima e crea quotidiani attriti fra lettori ed e-book. Perché, ci si chiede, quando compro un libro cartaceo posso farne ciò che voglio - trasportarlo, copiarlo, prestarlo - mentre l'e-book si presenta zeppo di paletti che impediscono gli usi più normali del libro? Sugaman ha bellamente aggirato il problema optando per eliminare tutte le protezioni: comprate l'e-book, è vostro, fatene ciò che vi pare.
E' l'uovo di Colombo, direte voi, e si è imparata la lezione venuta dal mondo della musica. Da quelle parti hanno cercato di mettere un freno alla rete, scoprendo che era come trattenere una diga infilando il dito nella crepa: del tutto inutile, prima o poi si finisce comunque travolti. Meglio trasformare il nemico in un alleato, ovvero cavalcare la forza della rete, sfruttarne le potenzialità offrendo contenuti a basso prezzo e nel modo più comodo possibile, stimolando la diffusione, arrivando persino ad offrire album interi a scaricamento gratuito. Ma il guadagno allora dove è? Benché il processo non sia stato indolore, in diversi casi si è avuto un immediato allargamento del pubblico, con nuovi fan desiderosi di possedere l'album 'fisico', di assistere ai concerti, di accaparrarsi merchandising vario ed eventuale, facendo in tal modo riequilibrare i due piatti della bilancia.
Il problema è capire se può valere lo stesso per i libri. Quale potrebbe essere l'indotto per supplire alle perdite di incasso diretto? Cosa dovrebbe fare l'editore per recuperare il venduto perso a causa di un'incontrollata copia dei suoi e-book? Francamente non mi viene in mente niente. I due intraprendenti amici di Sugaman hanno deciso di rischiare, in fondo la loro è una scommessa in forma di hobby, fatta «senza pensare a quale potrà essere il mercato». E qui immediatamente torno alla considerazione iniziale e provo ad immaginare cosa accadrebbe se centinaia di persone si improvvisassero editori, lavorando la sera sui computer di casa, giusto per provare.
In realtà, fare l'editore richiede tempo e risorse, anche se si fanno solo e-book; esporre un marchio significa prendere un impegno in primis con i propri autori, e poi anche con i futuri lettori. Per questa ragione vengo assalito dal timore che si stia davvero preparando una crescita incontrollata del parterre delle case editrici (peraltro già molto affollato), con un aumento tale da lasciare disorientati, da trasformare il lettore in un esploratore privo di bussola. Quello che mi chiedo è se non si stia insomma avviando un processo inverso rispetto a quello della 'concentrazione' editoriale, il fenomeno tanto deplorato da André Schiffrin e caratteristico degli ultimi tre decenni, il cui frutto più evidente è stata la creazione di grandi gruppi in grado di dominare il mercato del libro.
Il prossimo futuro sarà invece un'editoria sempre più frammentata? Di recente - è potrebbe essere un altro indizio - Marco Cassini di Minimum Fax ha affermato: «è successo che le grandi case editrici hanno cominciato a travestirsi da piccola: vedi Stile libero dentro Einaudi, Strade blu dentro Mondadori...». Personalmente non so se avrò tempo e voglia di inseguire migliaia di minuscoli marchi alla caccia di una buona lettura, forse mi stancherò di vedere tante imprese improvvisate, anche interessanti ma sempre col rischio del respiro corto. I libri validi troveranno comunque la loro vetrina, o non sarà invece alla fine un gioco in cui perdono un po' tutti?
Foto: Diga © Jacopo Prisco
Foto: Diga © Jacopo Prisco
1 commento:
L'inizio di questo post mi riporta alla mente una cosa che mi dici spesso Sebastiano....pesse baucco...io vi controllo...un saluto e complimenti per tutto.
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