Cucinare per se stessi nutre l’anima e fa ritrovare il giusto equilibrio. La parmigiana di melanzane di Erri De Luca narrata nel suo emozionante Tre fuochi sposa questa filosofia.
Io il massimo lo ottengo quando genero piacere allo stato puro attraverso le polpette di maiale e gamberi in stufato di seppie. La ricetta è tratta da un romanzo di Manuel Vásquez Montalbán (Assassinio al Prado del Rey) e la preparazione dura un pomeriggio intero, esaltando ogni senso. Per affrontarla occorrono un buon pretesto e forte autostima. Poi deve essere passato molto tempo dall’ultima volta, perché la memoria ne ricordi il gusto ma abbia rimosso la fatica e il caos che travolgono la cucina.
Al mercato scegliete i gamberi migliori, le seppioline più ruffiane, bocconcini di maiale teneri, e altri ingredienti tra cui non devono mancare pomodori maturi, nocciole, mandorle e pinoli.
Occorre sgusciare i gamberetti separando la corazza dalla polpa. Il pugno di gamberi ottenuto si frulla e poi si amalgama alla polpa di maiale macinata. Poi aglio, prezzemolo, pane ammorbidito nel vino bianco secco, uova, sale e pepe. Del pastone ottenuto si fanno polpette che si infarinano. Sembrano sempre un po’ troppo molli ma non occorre aggiungere nulla: al momento giusto si inturgidiranno nell’olio bollente.
A questo punto il cronometro segna di solito la prima ora di lavoro.
In una padella far sfrigolare le teste dei gamberi schiacciandole con una forchetta. Ormai croccanti si tolgono e finiscono nell’acqua per ottenere un eccellente fondo di cottura. Nell’olio rimasto si friggono le polpette. Qui l’assaggio nasce spontaneo e la delizia del risultato fa dubitare che continuando possano ancora migliorare.
A questo punto il cronometro segna di solito la prima ora di lavoro.
In una padella far sfrigolare le teste dei gamberi schiacciandole con una forchetta. Ormai croccanti si tolgono e finiscono nell’acqua per ottenere un eccellente fondo di cottura. Nell’olio rimasto si friggono le polpette. Qui l’assaggio nasce spontaneo e la delizia del risultato fa dubitare che continuando possano ancora migliorare.
Si prende di nuovo il vino bianco, se ne versa un bicchiere scarso e lo si beve brindando alla faccia di chi ci vuole male. La voglia d’ebbrezza la colgo anche nel testo di De Luca. La sensazione è quasi che lui in cucina si conceda a se stesso molto più di quando scrive. Quasi che la lingua scolpita che usa nei suoi romanzi non possa che cedere all’inesprimibile allegria di un soffritto. Infatti è di qui che io riparto. Nell’olio che ha già memoria di tanto fritto, si tuffano le seppie tagliate a listarelle. Si scolano e si mettono da parte.
Sarete circondati da una distesa di semilavorati in attesa. È il momento in cui il cammino segna il passo sospeso prima della discesa. Si dovrebbe essere circa alla seconda ora e se fin qui si è usato come sottofondo un disco di Caetano Veloso è il momento di sostituirlo con qualcosa di più ritmato.
Preparando le sue melanzane intrise di sud e tradizione, De Luca annota: «Le generazioni si staccano l’una dall’altra per via alimentare, mangiano per il desiderio di essere altro. Io tento di mangiare qualcosa di uguale, per gusto per affetto».
Per le polpette di maiale e gamberi forse desidero staccarmi dal panorama di un’Italia in cerca di autore per un’intrigante Barcellona ai tempi di Montalbán. A ogni modo, se non avete tritato la cipolla, fatelo. Mettetela a soffriggere col pomodoro, sempre nello stesso olio. Quando il tutto diventa soffice aggiungete le seppie, un po’ di brodo di teste di gambero, un trito di prezzemolo, aglio, pane tostato, nocciole, mandorle e pinoli, bagnate con altro bicchiere di vino bianco.
Qui, di solito, la tensione cala un po’.
Qui, di solito, la tensione cala un po’.
Si ha qualche attimo a disposizione, De Luca annota «la parmigiana di melanzane è una pietanza riposata, saggia. Non sono uova al tegamino. È melanzana, frutto introverso, che si spigiona con indolenza e meditata pausa».
I pensieri non possono però durare più di una decina di minuti perché le seppie staranno sicuramente traballando nel sugo. È il momento di aggiungere le polpette e lasciare ancora cuocere per un po’. Servire caldo.
I pensieri non possono però durare più di una decina di minuti perché le seppie staranno sicuramente traballando nel sugo. È il momento di aggiungere le polpette e lasciare ancora cuocere per un po’. Servire caldo.
Io non sono Erri De Luca e dunque il risultato va oltre le capacità descrittive concesse dalla lingua scritta che conosco. Se mai lo farete vi invito a osservare i vostri ospiti perché l’emozione della polpetta in bocca si avvicina all’estasi divina. E so che chi di voi legge questo post con l’App Odorama, avrà già leccato lo schermo sino a farlo sbiadire.
(post di Andrea Pugliese)
Chiocciole: @@@
Da regalare: te lo regalano se vai in libreria
Foto: Melanzane sott'olio © Pourfemme
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