In principio i misteri sono tre: una persona, una voce, un testo. La persona si alza, si offre al pubblico, necessariamente emozionata; di lei nulla si sa e nulla si saprà, neppure alla fine, perché si fa subito da parte e lascia la scena alla voce. La voce non è mai come te l'aspetti, non la sai immaginare, ascolti: cattura l'attenzione, come una mano tesa che invita ad una passeggiata in un bosco. Dopo poche parole anche il terzo mistero si svela, è il testo. Lo puoi conoscere oppure udire per la prima volta, ma il risultato non cambia.
Incontrare le persone-libro è un'esperienza curiosa, carica di emozione. Non è come ascoltare un attore, un professionista, dal quale ci si aspetta una performance. Sul palcoscenico, spesso minimo, spesso improvvisato, c'è un lettore quale potrebbe esserlo ciascuno di noi. Sono lettori che decidono di condividere un libro che amano e ne fanno dono agli altri, in una sorta di propaganda sana e genuina, come è il proselitismo delle religioni 'migliori'. Non sono attori, eppure per altri versi lo sembrano, poiché c'è della verità nelle loro voci, la verità di una scelta del cuore che pochi, pochissimi attori sono in grado di estrarre da un copione.
Nell’appena conclusasi edizione del Salone del Libro di Torino, il tema era quello della memoria. Qui si parla appunto di memoria, ma in uno dei suoi significati più atavici, quello di strumento per i cantastorie. Non ha esattamente (e per fortuna!) il valore che ha nel romanzo di Ray Bradbury, da cui prende il nome il progetto originario Fahrenheit 451 - Las personas libro, nato in Spagna da un’idea di Antonio Rodríguez Menéndez. Il testimone italiano è stato preso da Sandra Giuliani che lo ha agganciato alle iniziative delle Donne di carta; non è un caso: le persone-libro che ho incontrato sono tutte donne, forse a conferma della superiorità femminile nel vivere il sentimento, nel lasciarsi immergere in esso mettendo in gioco ogni briciola di sé.
«Io sono...». Così iniziano le persone-libro, per qualche attimo non hanno altra personalità che quella del libro. E di che libri si tratta? Ovviamente la scelta è e deve essere libera, il libro va scelto, non imposto. Allo stesso modo si sceglie il brano da andare a memoria, puntando all'ideale intero assorbimento del testo. In genere si tratta di prosa, ma che ammicca alla poesia; quadri immobili quasi privi di trama che lasciano la curiosità di scoprire come sarà il racconto intero. Si scende in scena per dare al libro una vita eterna non più muta, anzi intensamente parlata, e di questo sarebbe felice Amos Oz (Una storia d'amore e di tenebra, p. 31): «quand'ero piccolo, da grande volevo diventare un libro. Non uno scrittore, un libro: perché le persone le si può uccidere come formiche. Anche uno scrittore non è difficile ucciderlo. Mentre un libro, quand'anche lo si distrugga con metodo, è probabile che un esemplare comunque si salvi e preservi la sua vita di scaffale, una vita eterna, muta, su un ripiano dimenticato in qualche sperduta biblioteca» o appunto nella memoria e nella voce di una persona-libro.
1 commento:
vederti ta gli ascoltatori è stata un'emozione, ti sapevo attento e sensibile, quidi il tuo "commento" era importante, ma ora a leggerti mi chiedo veramente quanto questa impresa vada al di là di quanto noi stesse immaginiamo ed è giusto che sia così: quando si scambiano emozioni non si toccano verità ma vissuti, memorie e proiezioni... qualcosa di più complesso e soggettivo che mai nessuno potrà catalogare. Forse così i libri-voce non finiranno mai sugli scaffali o in un catalogo, ma in un contenitore più vasto e prezioso: la memoria anche di chi li ascolta. Grazie.
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