«C'erano delle ricerche che dichiaravano che l'hyperlearning era la forma di apprendimento del futuro, lontano dagli asili e dalle scuole. Con forza, quindi, lo psicologo dell'apprendimento si scagliò proprio contro questa tesi, e relazionò sulla sua esperienza nella scuola elementare, dove negli ultimi anni è diventato sempre più difficile fare lezione a causa dell'aumento della sindrome da iperattività, una evidente conseguenza dell'uso smodato della televisione e dei media in generale». Così Birgit Vanderbeke nel romanzo Sweet sixteen (Roma-Cosenza, Del Vecchio, 2008, p. 31) e, pur trattandosi di finzione narrativa, è evidente che l'analisi riflette una realtà concreta, in particolare rispetto alla crescita incontrollata avuta da internet negli ultimi anni. Certe forme di apprendimento, di acquisizione di conoscenza, sono dunque destinate ad estinguersi? I libri soccomberanno di fronte alle nuove tecnologie?
Mi pare abbastanza evidente che lo scontro fra internet e qualsiasi altro media sia di per sé uno scontro impari. In un editoriale di qualche tempo fa («Wired», n. 3, maggio 2009, pp. 11-12) Riccardo Luna affermava che, nella sciagurata eventualità d’essere costretto a rinunciare a tutti i mezzi di comunicazione tranne uno, non avrebbe dubbi nel far cadere la scelta su internet rispetto a libri, radio, televisione... Difficile dargli torto, ma si può obiettare che si tratta di una risposta furba, perché internet è un mezzo che raccoglie e ripropone, anzi potenzia, anche i contenuti generati da altri media. Internet ricicla tutto e quindi ingloba tutto, permette di leggere libri, di ascoltare radio, di vedere film, e in più crea prodotti e messaggi nuovi. All'apparenza l'epilogo è scontato. Pensare che prima o poi internet – assieme alle sue varie appendici tecno-portatili - soppianterà del tutto gli altri media risulta quasi scontato. Eppure io sono convinto che non è questo ciò che ci riserva l'immediato futuro.
C'è un dato storico evidente. Nessun media, al suo apparire, ha mai fatto tabula rasa attorno a sé. La tradizione orale non è stata cancellata dal libro, la radio è sopravvissuta alla televisione, ogni mezzo ha trovato una sua nuova collocazione, a volte perdendo parte della sua influenza o dovendo in qualche modo reinventarsi, d'accordo, ma di sparire non se n'è parlato. Mai quanto oggi i media sono integrati fra loro in una rete di reciproco scambio, teorizzata fra l'altro nel concetto di cross-media. Non vedo perché improvvisamente le cose dovrebbero andare in maniera diversa.
La multimedialità, carattere forte e specifico di internet, non è un suo carattere esclusivo. Volendo immaginare nello specifico il duello fra libro e internet, lo vedo anzi proprio come un duello fra due generi diversi di multimedialità. Perché – lasciatemi azzardare – anche il libro è un oggetto multimediale; ovviamente non come supporto in sé, ma per il fatto di finire nelle nostre mani. Noi siamo sempre più esseri multimediali, resi tali da un modo nuovissimo di apprendere e condividere la conoscenza, e tendiamo a rendere multimediale tutto ciò che solletica le nostre percezioni, benché non sempre – è qui sta la questione – con il medesimo esito.
Che multimedialità è infatti quella di internet? È una multimedialità esteriore, ipercinetica e ingorda. Ci stimola di continuo, manda messaggi infiniti, zampilla come una fontana. È giocosa e frenetica, sempre alla caccia di cose nuove; salta da un link all’altro come Tarzan fra le liane, spesso senza lasciare tempo per riflettere: raccoglie, confronta, sbuccia, morde e getta via. Sommerge a tal punto di cose da lasciarci alla fine disorientati o inebetitamente sazi.
Anche il libro, una volta aperto, richiama alla mente e ai sensi immagini, suoni, odori, evoca proustianamente informazioni, non necessariamente meno efficaci solo perché depositate dentro di noi, anziché nel database di Wikipedia. Ripeto, siamo noi oramai ad essere multimediali, ad avere innestato nel pensiero il meccanismo del link, a cercare necessariamente il collegamento. Quella del libro è perciò una multimedialità interiore, intima e personale, che pesca da un bacino di conoscenze molto più limitato, ma di certo più denso di significati per ciascuno di noi. È una multimedialità dai tempi lenti, dilatati, che non assilla chi vi si immerge, ma consente di divagare con grande libertà. Credo che il bisogno di un approccio di questo tipo non verrà mai meno: ci sarà sempre un lettore in cerca di un libro per godersi la propria multimedialità interiore.
Insomma vale sempre quanto diceva Giovanni Pozzi: «Il libro, deposito della memoria, antidoto al caos dell'oblio, dove la parola giace, ma insonne, pronta a farsi incontro con passo silenzioso a chi la sollecita. Amico discretissimo, il libro non è petulante, risponde solo se richiesto, non urge oltre quando gli si chiede una sosta. Colmo di parole, tace». Ed è nel silenzio che spesso nascono i nostri migliori pensieri.
Foto: Mad fools and Englishmen © James Lyon
Foto: Mad fools and Englishmen © James Lyon
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