Ad anticipare di qualche giorno la giornata della memoria, è arrivato il polverone sul Diario di Anne Frank. Se nel nostro paese il dialogo latita, molto lo si deve all'uso invalso di sparare prima di chiedere “chi va là”. Ciò accade ad esempio con quasi ogni esternazione di cui si faccia portavoce un esponente della Lega Nord. La levata di scudi è immediata e furibonda, con il risultato di agitare minacciosi stendardi a volte senza sapere bene perché e soprattutto senza entrare davvero nel merito della questione. Quando il deputato Paolo Grimoldi, assillato da un gruppo di animosi genitori, ha presentato un'interpellanza al ministro della pubblica istruzione contro la scuola elementare “Lina Mandelli” di Usmate Velate, deve aver pensato di avere dalla sua tutte le sacrosante ragioni, e mai si sarebbe aspettato una reazione tanto virulenta da produrre un titolo quale «Abominevole lega», apparso in qualche testata on-line. Ecco: prima sparare – e sparare pesante – poi magari pensare. In effetti ci sono diverse ragioni per ritenere “abominevole” un aggettivo usato in questo caso del tutto a sproposito.
La colpa della scuola in questione sarebbe stata quella d'aver previsto per i propri alunni la lettura di alcuni brani scabrosi del Diario di Anne Frank presenti nella nuova edizione recentemente pubblicata da Einaudi. Diciamo innanzitutto che – a sentire le parole di Marilena Riva, sindaco della cittadina lombarda – c'è la reale possibilità che alla fine della giostra la notizia si riveli del tutto infondata; nella scuola infatti c'è un progetto che prevedeva letture dal Diario, ma nessuna relativa ai passi 'incriminati'. È curioso poi che i genitori – categoria oggigiorno fra le più feroci – abbiano scelto di scomodare un deputato anziché discuterne prima con i responsabili dell'istituto, tanto che il povero Grimoladi, a quanto leggo, avrebbe tentato in prima istanza di ricondurre mamme e papà a più miti consigli, invitando senza successo ad una conciliazione. Ho molta fiducia nelle scelte pedagogiche degli insegnanti italiani e penso che tutta questa vicenda sia frutto di diversi fraintendimenti intrecciati. Da sempre il Diario gira nelle scuole d'Italia e mi immagino che le brave maestre di Usmate Velate l'abbiano proposto ai bambini nel modo in cui andava fatto. Nell'interpellanza al ministro si contesta il fatto che questa lettura non è inerente al programma di storia, ma, che io sappia, dal punto di vista didattico essa rientra nel programma di italiano, in quanto esempio classico di testo in forma di diario. Tuttavia anche queste sono quisquilie e lo stesso Grimoaldi, tacciato di essere quasi un negazionista, ha affermato: «sull’importanza e sulla testimonianza del Diario di Anna Frank credo che nessuno abbia da eccepire». Insomma tante notizie che non lo erano (come direbbe Luca Sofri) e un gran parlare a vuoto, mentre pochi o nessuno si sono preoccupati di prendere in mano il libro, il primo pensiero del lettore esigente.
Come è facile immaginare, la storia del Diario di Anne Frank non è affatto lineare: di esso esistono sostanzialmente tre versioni con rilevanti differenze fra l'una e l'altra che spesso vanno a toccare proprio i brani che hanno turbato il sonno di Usmate. Quella che da sempre si legge fra i nostri banchi è una versione ridotta, molto lontana da quella integrale uscita da Einaudi nel 2002. Non mi stupirei che la distinzione fosse sfuggita a molti, magari all'insegnante medesima a cui interessavano solamente specifiche lettere che già conosceva dalla versione precedente. Sennonché il libro 'nuovo' finisce nelle cartelle dei bambini, un genitore lo sfoglia e incappa nella lettera del 24 marzo 1944: «Tra le gambe in realtà ci sono una specie di cuscinetti, soffici, anche pelosi, che quando si sta in piedi sono attaccati, allora non si vede quel che c'è dentro. Se ci si siede loro si separano e in mezzo è molto rosso, carnoso e schifoso. Nel punto più alto, tra le grandi labbra, c'è una piegolina di pelle, che a guardare meglio è una specie di bollicina, e cioè il clitoride (…) Il buchino è talmente piccolo che non riesco quasi a immaginare come faccia un uomo a entrarci e, a maggior ragione, un bimbo intero a uscirne» (p. 220). Ne seguono lo sconcerto e lo scandalo che sappiamo. Con quanto senso?
Sorvolando sul fatto che la pagina in oggetto probabilmente a scuola non è mai stata letta, trovo che il bombardamento televisivo medio a cui è sottoposto oggi un bambino di quarta elementare lo renda molto ben attrezzato nei confronti di un testo del genere. Soprattutto mi sembra di nuovo di trovarci di fronte a parole usate in maniera impropria: «credo che quelle pagine per bambini di nove anni si possano definire hard» (Grimoldi, per favore!). Un lieve smarrimento lo concederei, ma forse più di sorpresa per il fatto di trovare una tale descrizione in un oggetto “scolastico”, piuttosto che di vero turbamento per una disamina tanto minuziosa quanto innocente. Non vorrei tuttavia si esagerasse in senso opposto, come in parte ha fatto il dirigente vicario dell'istituto Claudio Redaelli parlando di: «descrizioni in termini talmente ingenui». All'epoca Anne aveva comunque quattordici anni, e cinque anni di differenza sono un abisso nel delicato passaggio fra infanzia e adolescenza. Insomma, prendiamo un bel respiro e cerchiamo serenamente di dare delle misure. È giusto che Anne sia quello che era: una ragazzina alla ricerca del suo primo amore e alle prese con le prime pulsioni sessuali (così infatti viene rappresentata, guarda caso, in un recente sceneggiato trasmesso dalla BBC). È altresì giusto però raccontare a bambini di nove anni storie da noi adulti giudicate adatte alla loro età, al di là di cosa poi vedano o non vedano in TV, perché c'è una bella differenza fra ciò che ascoltiamo a scuola e ciò che sbirciamo di nascosto su un video.