Delle perplessità che Io sono Dio di Giorgio Faletti ha sollevato in alcune attente lettrici, ho già avuto modo di parlare. Di per sé non ci sarebbe stato motivo per tornare sulla faccenda, ma la risposta che lo stesso Faletti ha imbastito a sua difesa - pubblicata su «La Stampa» il 22 agosto 2009 - imponeva di tornare sul luogo del "delitto". Quella risposta mi sembra manifesti due principali difetti: da un lato non controbatte alle obiezioni sollevate; dall’altro presenta un tono ingiustificatamente aggressivo e poco elegante. In una tenzone cortese il rispetto dell’avversario dovrebbe essere la prima regola, a maggior ragione se l’avversario è una donna, invece è proprio in quella direzione che Faletti dimostra di volare davvero basso e in barba a qualsiasi forma di bon-ton si lascia andare ad affermazioni sprezzanti e offensive, forse senza immaginare che così facendo aumenta i sospetti nei suoi confronti e induce a ritenere egli non abbia a disposizione armi migliori, cioè più intelligenti, da usare a propria difesa. Ma andiamo con ordine.
«Se in un giallo [...] cinque frasi non funzionano, è un gran risultato» dice lui, e noi possiamo essere d’accordo, tuttavia il problema non sta nelle cinque frasi in sé - al di là del fatto che sono ben di più -, ma sta nel ruolo che tali frasi hanno quali indizi pesanti dello zampino di un ghostwriter di madrelingua inglese. Secondo Faletti la frase idiomatica "non girare attorno al cespuglio" ha un significato facilmente comprensibile anche per un lettore italiano (provate a fare un test fra i vostri conoscenti); scrivere "grandi" per dire "biglietti da mille dollari" va benissimo, dato che in italiano usiamo già una parola quale "verdoni" che non ha riscontro con la realtà, essendo verdi i dollari ma non gli euro (peccato che solo "verdoni" sia un termine che tutti comprendono); "non te ne devo una, ma mille" al posto di "ti devo un favore enorme" sarebbe un prestito da un modo di dire piemontese (ma il romanzo non è ambientato negli Usa?).
Insomma la difesa risulta perlomeno maldestra e si ferma solo su alcune delle obiezioni, cercando di ridicolizzare chi le ha sollevate e facendo ricorso, come dicevo, a modi riferibili al Vito Catozzo dei tempi d’oro piuttosto che al Giorgio Faletti dei giorni nostri: «risibile querelle estiva e premestruale». Per pudore mi fermo solo a risibile, perché in verità non c’è nulla di cui ridere. In questo caso, o abbiamo a che fare con un’operazione truffaldina mal congegnata, oppure stiamo scoprendo che un autore pubblicato in pompa magna, osannato per le 12 milioni di copie vendute, non sa valutare se sta scrivendo una frase che ha un significato chiaro e compiuto. A questo punto tutta la vicenda potrebbe rappresentare un altro complessivo, grande indizio: della bassissima capacità critica dei lettori italiani.
Foto: Duello al tramonto © Andrea Mucelli
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