La porta di casa è diversa da tutte le altre, è l’unica che ha sempre qualcuno dietro pronto ad aprire quando bussi. Dopo una vita vissuta sempre a cento all’ora, a nuotare fra gli squali, che altro può volere Enrico Metz, se non tornare a casa? Inconsciamente lo capisce fin dall’inizio anche se fatica a focalizzare, ma ciò non lo turba. Il mondo vuole scuotere l’ex rampante avvocato, lo pungola, lo provoca, eppure lui sa rimanere indifferente alle tante sirene che gli nuotano attorno. Si accontenta di camminare senza meta sotto i portici di una città sonnacchiosa; di picchiettare la terra attorno ad una ortensia; di addormentarsi la sera sul divano. Finalmente ai sensi di Enrico Metz tutto arriva a piccole dosi.
Da lettori smaniosi di storie sarete indispettiti da Metz che nulla coglie e niente fa, che scaccia lontano qualunque evento. Vi chiederete perplessi dove voglia condurvi, ma già in quell’istante le lievi spire vi avranno avvolto e sarete dentro, oramai incuranti del senso, coinvolti nella dolce apatia, nella soddisfazione dei minimi gesti. Il sottile filo del racconto si srotola fluido, senza picchi, eppure senza che la tensione cali. Tutto è retto dalle tante donne che con il loro affetto circondano Enrico Metz nella sua incipiente senilità; egli pare poterle amare tutte e placidamente lasciarsi amare. Così resta nella bocca la saliva impastata di un sonno che si fa sempre più lungo e porta con sé un retrogusto sospeso fra il dolce e l’amaro; quasi a far venire voglia d’invecchiare.
Claudio Piersanti, Il ritorno a casa di Enrico Metz, Milano, Feltrinelli, 2006.
Le mie chiocciole: @@@@
Da regalare: allo zio che non si decide ad andare in pensione
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