Un bel po’ d’anni fa Giuseppe Prezzolini disse: «L’Italia è un paese fragile». Passato il tempo, guardandosi attorno, il pensiero oggi potrebbe essere: «L’Italia è un paese irrimediabilmente fragile», visto che vari lustri non hanno cambiato le cose (o le hanno addirittura peggiorate). La prima sensazione che balza addosso leggendo Il paziente italiano è proprio quella di un’esiziale fragilità di istituzioni e persone.
Scorrono nomi di persone che sanno guardare solo alla propria tasca e alla propria seggiola, che mancano di etica, responsabilità, lungimiranza, rispetto per i loro figli. Qual è la morale? Siamo un popolo che non può fare a meno di barare? A cui la vittoria basta, al di là di come la si raggiunge? Un popolo da un lato di furbi e dall’altro di illusi che perseverano nel farsi prendere per i fondelli dai furbi? L’emblematica Calciopoli pare rappresentare e raccontare esattamente ciò.
Ho sentito dire a Oliviero Beha che si è spesso salvato dalle querele passando per un giornalista satirico. Buon per lui, ma certo la dose di pessimismo che esala dalle pagine mi rende dubbioso: tanta amarezza si fa fatica a pensarla satirica. Eppure non saprei come dargli torto. Da giornalista (vero) sa raccogliere e combinare le notizie, e farci capire che basterebbe unire i puntini, sennonché l’informazione odierna, colpevolmente, i puntini non li fa vedere. Hai voglia a cercare di unirli...
Il libro è una raccolta di articoli sparsi (2006-2008), direi anche troppo ricca; una maggior selezione a monte avrebbe evitato certe inutili ridondanze. Inoltre verrà presto a mancare la cornice in cui collocare i commenti: la memoria è labile e già ora certi riferimenti cadono nel vuoto. D’altronde Beha affastella densamente le sue ipotesi, domande, allusioni; la ricchezza di un pensiero attento e rapido può far perdere il nord ad un lettore appena distratto, ancor più se non dotato di una memoria ferrea. I giornali sono una cosa, i libri un’altra, e pescando dai primi si dovrebbe valutare bene come travasare nei secondi. Più che una lettura estesa, può funzionare un cogliere di fiore in fiore (meritoria in tal senso la decisione di aggiungere un indice dei nomi). Così da apprezzare l’arguzia di Beha, troppo pungente e sincera per trovare oggi posto nei maggiori mezzi di comunicazione.
Da regalare: a chi andava (va?) allo stadio credendo di vedere delle partite vere
Scorrono nomi di persone che sanno guardare solo alla propria tasca e alla propria seggiola, che mancano di etica, responsabilità, lungimiranza, rispetto per i loro figli. Qual è la morale? Siamo un popolo che non può fare a meno di barare? A cui la vittoria basta, al di là di come la si raggiunge? Un popolo da un lato di furbi e dall’altro di illusi che perseverano nel farsi prendere per i fondelli dai furbi? L’emblematica Calciopoli pare rappresentare e raccontare esattamente ciò.
Ho sentito dire a Oliviero Beha che si è spesso salvato dalle querele passando per un giornalista satirico. Buon per lui, ma certo la dose di pessimismo che esala dalle pagine mi rende dubbioso: tanta amarezza si fa fatica a pensarla satirica. Eppure non saprei come dargli torto. Da giornalista (vero) sa raccogliere e combinare le notizie, e farci capire che basterebbe unire i puntini, sennonché l’informazione odierna, colpevolmente, i puntini non li fa vedere. Hai voglia a cercare di unirli...
Il libro è una raccolta di articoli sparsi (2006-2008), direi anche troppo ricca; una maggior selezione a monte avrebbe evitato certe inutili ridondanze. Inoltre verrà presto a mancare la cornice in cui collocare i commenti: la memoria è labile e già ora certi riferimenti cadono nel vuoto. D’altronde Beha affastella densamente le sue ipotesi, domande, allusioni; la ricchezza di un pensiero attento e rapido può far perdere il nord ad un lettore appena distratto, ancor più se non dotato di una memoria ferrea. I giornali sono una cosa, i libri un’altra, e pescando dai primi si dovrebbe valutare bene come travasare nei secondi. Più che una lettura estesa, può funzionare un cogliere di fiore in fiore (meritoria in tal senso la decisione di aggiungere un indice dei nomi). Così da apprezzare l’arguzia di Beha, troppo pungente e sincera per trovare oggi posto nei maggiori mezzi di comunicazione.
Oliviero Beha, Il paziente italiano. Da Berlusconi al berlusconismo passando per noi, Roma, Avagliano, 2008, pp. 336.
Le mie chiocciole: @@
Da regalare: a chi andava (va?) allo stadio credendo di vedere delle partite vere
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